2003-04: L'Europa scopre Mourinho
© foto di Alberto Fornasari
Il 2003 registra il primo passo indietro dell’UEFA dopo anni di bulimia. Niente più seconda fase a gironi, con 48 partite per eliminare 8 squadre, ma ottavi di finale ad eliminazione diretta. Grazie al Milan campione, l’Italia è costretta ai preliminari solo con la Lazio, che affidatasi a Mancini è riuscita a conquistare il quarto posto ai danni dell’ultimo Parma brillante, poco prima del crac Parmalat. I biancocelesti sono opposti ad un avversario prestigioso come il Benfica, ma destano un’ottima impressione ipotecando il passaggio del turno col 3-1 dell’Olimpico, per poi imporsi anche in Portogallo per 1-0, con rete del brasiliano César. Avanzano senza problemi anche le altre big, come le due scozzesi, Rangers e Celtic, le spagnole Deportivo e Celta Vigo, il Chelsea, il Marsiglia e l’Ajax. Cadono invece Newcastle e Borussia Dortmund, rispettivamente contro Partizan Belgrado e Bruges.
La fase a gironi per le Italiane si rivela in chiaro-scuro. Il Milan fa suo un girone abbordabile, precedendo il Celta Vigo, ma collezionando un paio di sconfitte casalinghe con gli spagnoli e il Bruges, che lascia l’Ajax all’ultimo posto. Ancora meno rischi li corre la Juventus, che è virtualmente qualificata già dopo le prime tre vittorie e perde solo in casa del Galatasaray, ma senza pregiudicare nulla. Al fianco dei bianconeri passa la Real Sociedad, mentre l’Olympiakos chiude ultimo e sommerso sotto sette gol juventini all’ultimo turno. La Lazio parte bene, imponendosi in casa del Beşiktaş, ma poi raccoglie due soli punti nelle successive cinque gare e finisce ultima, con Chelsea e Sparta Praga promosse agli ottavi. Delude l’Inter, partita bene con le vittorie in casa dell’Arsenal e con la Dinamo Kiev. I cattivi risultati in campionato portano all’esonero di Cúper, rimpiazzato da Zaccheroni. Mai mossa fu meno felice, perché da quel momento i nerazzurri raccolgono due soli punti, venendo travolti sia a Mosca dalla Lokomotiv che a San Siro dall’Arsenal, le due squadre che li precedono relegandoli in Coppa Uefa. Negli altri gironi si registra la crescita del calcio francese, con Lione e Monaco che conquistano il primo posto davanti a Bayern Monaco e Deportivo. Non può nulla invece il Marsiglia, contro Real Madrid e Porto. Tutto facile anche per Manchester United e Stoccarda, che ricevono ben poca opposizione da Panathinaikos e Rangers.
Il ritorno sulla scena degli ottavi di finale regala qualche sorpresa, anche se si registrano ben pochi picchi di calcio spettacolare. La Juventus, che tanta impressione aveva destato in autunno, perde di misura a La Coruña per il gol di Luque e vede subito smontati i piani di rimonta al Delle Alpi dal gol di Pandiani dopo meno di un quarto d’ora. Resta solo il Milan, che viaggia spedito con un facile 4-1 allo Sparta Praga. La sfida più attesa degli ottavi è certamente quella tra il Bayern e il Real Madrid. All’Olympiastadion Roberto Carlos salva i suoi pareggiando la rete di Makaay e al Bernabeu basta il sigillo di Zidane per promuovere i bianchi. Tutto facile per Arsenal e Lione, con doppie vittorie su Celta Vigo e Real Sociedad, così come per il Chelsea che sistema le cose vincendo per 1-0 nell’andata a Stoccarda, grazie all’autogol di Fernando Meira. Il Monaco ringrazia il suo uomo più esperto a questi livelli, lo spagnolo Morientes, che segna nell’1-2 di Mosca con la Lokomotiv, rendendo sufficiente l’unico gol del croato Pršo al ritorno. La sensazione maggiore la desta però il Porto. Sotto di un gol in casa con il Manchester United, i Dragoni ribaltano il risultato con la doppietta del sudafricano McCarthy. Un successo comunque rischioso, tanto più che all’Old Trafford, dopo mezzora, Scholes firma la rete che promuoverebbe gli inglesi. E invece, al novantesimo quando tutto sembra perduto, è il mediano Costinha a far esplodere di gioia i suoi compagni e il suo giovane, ma ambizioso allenatore, José Mourinho.
L’avversario dei quarti è il meno “nobile” Lione, domato già al Dragão con le reti di Deco e di Ricardo Carvalho e poi controllato al ritorno con un tranquillo 2-2 griffato da Maniche con una doppietta. Nel frattempo l’Italia perde anche l’ultima rappresentante. Il Milan si impone per 4-1 sul Deportivo a San Siro e sembra proiettato in semifinale. Sottostimando la grinta degli avversari, gli uomini di Ancelotti si presentano in Galizia distratti, andando incontro ad una clamorosa débâcle. Finisce 4-0, con tre gol subiti già nel primo tempo. I campioni sono fuori causa e in molti vedono questo come un possibile cambio di consegne, anche perché esce pure l’altra grande storica, il Real Madrid, in maniera altrettanto rocambolesca. Subito sotto di un gol, i madrileni sfruttano la carica del Bernabeu per andare a segno quattro volte. Sembra un trionfo, ma Morientes fa valere la legge dell’ex riaprendo i giochi. Nel Principato il Real parte forte e si porta avanti con Raúl, ma la squadra allenata dall’ex juventino Deschamps dimostra un carattere ferreo, ribaltando il punteggio a cavallo dell’intervallo con Giuly e Morientes, per poi conquistarsi la qualificazione ancora con Giuly al ventesimo della ripresa con uno splendido colpo di tacco. La quarta semifinalista, decisa dal derby londinese, è il Chelsea, che dopo essere stato bloccato sull’1-1 a Stamford Bridge, si impone ad Highbury con la rete nel finale del terzino Bridge che evita i supplementari.
Sulla carta gli inglesi sembrano adesso i favoriti per la conquista del trofeo, ma il Monaco non è dello stesso avviso. Dopo uno scambio di colpi tra Pršo e Crespo, Morientes e Nonda firmano il 3-1 del Louis II che mette in pole position i francesi, nonostante l’inferiorità numerica per tutta la ripresa. A Londra, però, c’è bisogno di un’altra prova di carattere, visto che il danese Gronkjær e Lampard portano sul doppio vantaggio i Blues. L’immediata replica del terzino Ibarra, con un tocco forse di mano, rilancia subito le ambizioni dei monegaschi, che nella ripresa chiudono la pratica col solito Morientes, capocannoniere del torneo. L’altra semifinale si dimostra molto più tattica. Il pari a reti bianche di Porto fa sognare il Deportivo, che però in casa si scontra con l’ottima capacità difensiva dei lusitani, capaci dopo un’ora di gioco di colpire grazie ad un rigore procurato da Deco e trasformato da Derlei.
Il Porto torna dunque in una finale di Coppa dei Campioni/Champions League a 17 anni di distanza dal tacco di Allah. È una squadra che ha già dimostrato di saper vincere in Europa, visto che dodici mesi prima ha fatto sua la Coppa Uefa in finale contro il Celtic. La formazione è composta da giocatori che sostanzialmente devono tutto al loro allenatore José Mourinho, già promesso sposo al Chelsea. In difesa, davanti all’umorale Vítor Baía, comandano il capitano Jorge Costa e l’emergente Ricardo Carvalho, mentre a centrocampo fanno la differenza le incursioni di Maniche e la lucida regia del brasiliano naturalizzato Deco. L’attacco manca di un vero e proprio uomo-gol, tanto che nessuno supererà i 4 centri nel torneo. Non è tanto differente la situazione per il Monaco, esordiente assoluto in finale e con solo un’altra finale persa, nel 1992 in Coppa delle Coppe, a fare curriculum. Deschamps punta su oscuri mestieranti, con poche stelle. L’esperto Morientes, già vincitore di due Coppe, i rapidissimi esterni Giuly e Rothen e l’emergente terzino Evra, con Flavio Roma in porta a rappresentare l’Italia. Non sarà una bella serata per lui, però. A fare la partita sono i francesi, ma a cinque minuti dall’intervallo a colpire è il Porto, quando il giovane attaccante brasiliano Carlos Alberto sfrutta un rimpallo in area beffando Roma con un tocco di punta. Da questo momento Mourinho può impostare la propria squadra sul contropiede, la sua arma preferita. A venti minuti dal termine è Deco a raddoppiare, servito dal subentrato Alenichev e capace di beffare tutta la difesa francese con un tiro piazzato. La gara è ormai finita, ma non la serataccia del Principe Alberto di Monaco, che cinque minuti dopo vede la sua squadra subire anche il tris. Stavolta è Derlei a servire Alenichev in profondità e il russo ex romanista può freddare il portiere avversario con tutta calma. L’AufSchalke Arena di Gelsenkirchen incorona dunque il Porto e il suo tecnico, unico a non sorridere durante la festa perché già con la mente alla prossima sfida. Una scena che si ripeterà. Resta comunque l’impresa dei Dragoni, capaci di emulare il Liverpool, unica squadra in grado di conquistare la Coppa dei Campioni l’anno dopo aver fatto loro la Coppa Uefa, nel biennio 1976-77.
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